“I Comuni il loro lavoro lo stanno facendo, il problema sono le autorizzazioni, che sono state sì semplificate, ma che restano tutte. E poi mancano i tecnici: se i contratti scadono nel 2026 pochi sono interessati a lavorare con noi”. Lo dice Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell’Associazione dei Comuni italiani, in un’intervista su ‘La Stampa’ in cui fa il punto sulla attuazione dei progetti legati al Pnrr.
“C’è un problema – spiega entrando nel dettaglio – legato all’iter delle autorizzazioni. Gli ultimi tre governi hanno fatto molte semplificazioni, sia nell’iter per assegnare le risorse, sia per le gare. Il problema però è arrivarci alla gara. Ci sono progetti che hanno bisogno di molte autorizzazioni e le semplificazioni fatte riguardano le singole procedure, la procedura in Sovrintendenza, l’autorizzazione paesaggistica, la valutazione di impatto ambientale, ma non l’intero iter. Che invece, stranamente, viene semplificato solo per l’edilizia scolastica. Per realizzare una scuola coi fondi del Pnrr – spiega il presidente Anci – hai una corsia più veloce, se vuoi realizzare un’opera di rigenerazione, un intervento di riforestazione urbana, un’opera per la mobilità ciclistica o una tramvia no, non hai le stesse semplificazioni. Per noi le norme previste per le scuole devono invece valere per tutti gli interventi del Pnrr.
Quanto alle assunzioni di tecnici e personale che erano state previste, “non sono arrivate, perché non è facile trovarli. Per questo ci stiamo prevalentemente rivolgendo all’esterno anche utilizzando Cdp, Invitalia, Consip attraverso accordi quadro. Questo perché pur avendo ottenuto spazi assunzionali e procedure più veloci i professionisti, con contratti a tempo determinato, non vengono a lavorare con noi”.
Secondo Decaro, “visto che si stanno facendo delle selezioni pubbliche per ingegneri, architetti, economisti, avvocati per seguire le gare, definire i contratti e gestire gli espropri, cosa costa al governo e al Parlamento inserire una norma che consente ai comuni di pescare da queste graduatorie, pagandoli con fondi propri se per le loro attività in futuro avranno bisogno di questi professionisti? Sarebbe un incentivo per venire a lavorare con noi. Mentre oggi queste persone sanno che vengono a lavorare per il comune sino al 2026 e poi se ne devono andare a casa. E quindi, soprattutto i giovani, rinunciano: perché uno si deve imbarcare in una programmazione della propria vita che scade tra tre anni, senza avere una speranza? Mentre se uno si piazza bene in graduatoria magari può scegliere di fare il dipendente pubblico”, evidenzia.
“Abbiamo fatto un incontro col ministro Fitto qualche giorno fa ed abbiamo chiesto delle modifiche. E credo proprio che in sede di conversione il governo proporrà qualche aggiustamento. Vediamo”, conclude il presidente dell’Anci.